Coltiviamo e gestiamo direttamente le cave di calcare, con tecniche pensate in funzione del recupero ambientale e del riuso dell’area di cava a fine coltivazione. La nostra filosofia è semplice: tutto dev’essere com’era prima. Per questo abbiamo sviluppato una “cultura estrattiva” molto rigorosa, finalizzata al totale rispetto della natura che ci ospita.
Le nostre attività estrattive sono studiate per rispettare gli equilibri geomorfologici, idrogeologici e paesaggistici, minimizzando l’impatto ambientale sul territorio. Inoltre, misuriamo costantemente le polveri e i rumori prodotti dalle lavorazioni, per tenere sempre sotto controllo la qualità dell’ambiente, sia quello lavorativo sia quello esterno. Il miglior recupero ambientale di una cava va previsto nella fase di progettazione della cava stessa e deve essere contestuale alla coltivazione. La stessa coltivazione deve essere impostata, quindi, in funzione del recupero finale. Non bisogna inoltre trascurare che effettuare il recupero ambientale simultaneamente all’attività di coltivazione, permette di monitorare puntualmente l’effettivo risultato del recupero e la corrispondenza alle previsioni progettuali.
Una corretta progettazione è quindi necessaria premessa per mitigare l’impatto ambientale dell’opera su paesaggio, flora, fauna e per consentire un adeguato recupero ambientale dell’area a fine escavazione. È fondamentale coltivare e gestire le attività estrattive con tecniche di coltivazione “pensate” in funzione del recupero ambientale e del riuso dell’area di cava a fine coltivazione. Il progetto di recupero non deve necessariamente ripristinare uno status ante operam, ma può tendere allo sviluppo dell’area rendendola disponibile per la fruizione pubblica (per finalità didattico-scientifiche, naturalistiche, sportive, ecc.) o comunque riqualificandola con un occhio di riguardo allo sviluppo sostenibile.
La coltivazione delle cave a cielo aperto avviene tramite estrazione del minerale per piani orizzontali discendenti, in modo da eseguire immediatamente il ripristino del versante scavato. In quelle con camera di frantumazione sotterranea, che consentono tra l’altro la riduzione dei trasporti su gomma in cava, il collegamento per superare il dislivello tra fronte in coltivazione e area di stoccaggio avviene grazie a un fornello in posizione baricentrica. Il fornello è collegato all’esterno tramite una galleria in cui viene installato l’impianto di frantumazione primaria. Nastri trasportatori portano poi il minerale sul piazzale all’uscita della galleria, dove viene effettuata la lavorazione finale.
Legambiente svolge periodicamente delle ricerche volte a far emergere dati e relativi impatti economici e ambientali delle attività estrattive nel territorio italiano. L’obiettivo è quello di cogliere sfide ed opportunità in ottica di economia circolare.
«Nella coltivazione delle cave di calcare, Fassa Bortolo ha maturato un’esperienza di oltre venti anni con la gestione di diverse tipologie di attività. Le cave con camera di frantumazione in sotterraneo sono quelle più efficaci per un razionale sfruttamento dei giacimenti minerari a fronte di un limitato impatto sull’ambiente circostante. In questo caso il collegamento per superare il dislivello tra fronte in coltivazione e area di stoccaggio, avviene grazie a un fornello situato in posizione centrale rispetto l’attività estrattiva. Una galleria collega poi la camera di frantumazione con l’esterno dove il calcare viene trasportato, tramite nastri trasportatori per ulteriori frantumazioni, vagliature e stoccaggio dei prodotti finiti. Il materiale estratto trova principalmente applicazione per la produzione di intonaci premiscelati, calce e altri prodotti per l’edilizia»
(Rapporto cave 2021 – Legambiente).
Gli studi per definire il ruolo della calce nell’eliminazione e nello stoccaggio permanente di CO2 aprono interessanti prospettive e potranno dare all’industria europea della calce un nuovo ruolo nella campagna europea per raggiungere entro il 2050 la neutralità in termini di emissioni carboniche.
Il ciclo della calce ci parla di un materiale antico e dalle proprietà uniche. La materia prima dalla quale si parte per realizzare la calce sono i calcari calcici o dolomitici, rispettivamente CaCO3 e CaMg(CO3)2, il risultato della precipitazione di carbonato di calcio in acque cristalline. La precipitazione di questo tipo di minerale può avvenire direttamente in acqua oppure tramite organismi viventi quali alghe, coralli e molluschi. Le rocce calcaree, sebbene siano molto simili all’occhio umano, risultano molto variabili e complesse proprio a causa della loro formazione.
I carbonati più puri, una volta estratti, frantumati e vagliati, vengono inseriti all’interno dei forni da calce. Qui, il calore fornito dai combustibili a biomassa utilizzati da Fassa Bortolo libera la CO2 presente all’interno del calcare sottoforma di carbonato trasformando in questo modo la materia prima in calce viva o ossido di calcio (CaO). Questo tipo di ossido risulta molto reattivo nei confronti dell’acqua. Infatti, una volta a contatto con essa si trasforma in idrossido di calcio Ca(OH)2 – calce idrata. La reazione di idratazione è di natura rapida e libera calore. Una volta raggiunta questa composizione mineralogica, se immersa in soluzione acquosa, la calce può facilmente carbonatarsi assorbendo la CO2 atmosferica per formare nuovamente il carbonato di calcio, materia prima per la fabbricazione della calce, e chiudere quindi il suo ciclo. Questo comportamento sta alla base dell’azione dei grasselli e degli affreschi. Molti capolavori sono giunti fino ai giorni nostri proprio grazie a questa reazione.
LCA è un metodo standardizzato che valuta l’impatto di un prodotto sull’ambiente, analizzando il suo ciclo di vita, interamente o solo in alcune parti. Il calcolo include le fasi di preparazione, produzione, distribuzione, nonché la fase di fine vita dell’eventuale imballo utilizzato.
Basandosi su questo studio, per la calce Calcica e per la calce Dolomitica è stato elaborato anche il documento EPD (Dichiarazione Ambientale di Prodotto) che comunica in modo credibile, trasparente e comparabile gli impatti ambientali.
La Carbon Foot Print (impronta di carbonio) rappresenta un sottoinsieme dei dati derivanti da uno studio LCA e la produzione di CO2 risulta essere una delle categorie più rilevanti. L’analisi svolta ha consentito di confrontare e misurare l’impatto ambientale generato dai diversi processi produttivi, misurandoli in kg di CO2 equivalenti, per individuare quelli a maggior impatto, dimostrarne le performance ambientali con un dato il più possibile oggettivo, compensare la CO2 prodotta e cercare di ridurne le emissioni alla fonte.
Per l’elaborazione degli EPD, la nostra azienda ha deciso di dotarsi di un sistema EPD Process certificato. Questo significa che l’intero processo di raccolta dei dati, conduzione di studi LCA e monitoraggio degli impatti ambientali è condotto internamente attraverso un apposito sistema di gestione certificato da un ente terzo secondo gli standard internazionali più recenti ed aggiornati. In questo modo, l’azienda ha potuto aumentare la propria consapevolezza riguardo gli impatti ambientali dei propri prodotti, dimostrando un altissimo livello di attenzione al tema della sostenibilità e la massima trasparenza verso gli stakeholder.
Questo tipo di approccio è sempre stato fortemente radicato in tutte le politiche industriali e organizzative aziendali, sia nella scelta delle materie prime e degli impianti produttivi, che nelle scelte di tutta la supply chain. Infatti, per raggiungere i risultati che oggi possiamo vantare, servono anni, ingenti investimenti in capitale umano ed economico, know-how ma soprattutto una visione radicata. In un’Azienda come la nostra la declinazione più importante di questa vision deve poggiare su un’attenta analisi dei processi produttivi e, proprio grazie a questo comparto, Fassa si dimostra essere uno dei player di riferimento nel mercato. Infatti, le emissioni di CO2 di origine fossile sono nettamente inferiori alla media del settore, grazie anche all’utilizzo di biomasse per l’alimentazione dei forni.
La dichiarazione EPD è pertanto un importante traguardo che da un lato distingue e qualifica Fassa Bortolo, dall’altro mette i clienti nelle condizioni di scegliere un prodotto, la calce, non solo sulla base della qualità, ma anche sulla base di dati oggettivi che ne misurano l’impatto ambientale.
La calce è vita. E per Fassa Bortolo ancora oggi la produzione di calce rappresenta un importante progetto di investimento, per rendere l'Azienda capace di far fronte all'intero mercato della calce in tutte le sue molteplici applicazioni industriali: siderurgia, edilizia, ecologia, agricoltura, etc.
Per garantire l'eccellenza in ogni suo campo d'impiego, la calce è sottoposta costantemente ai più rigorosi controlli, dalla scrupolosa scelta della parte più pura di materia prima ai costanti monitoraggi lungo tutto il ciclo produttivo della calce, dalla cava fino al cliente finale.
Tutti i nostri forni utilizzano combustibile a biomassa. Questo, unito al metodo di cottura sviluppato dai nostri tecnici, ci rende in grado di produrre una calce sia calcica che dolomitica di elevata purezza e reattività.
Nelle nostre cave a cielo aperto utilizziamo esclusivamente tecnologie estrattive all’avanguardia. Così rispettiamo il territorio e l’ambiente, e anche la salute dei lavoratori.
La progettazione di un’attività estrattiva deve tenere in considerazione le esigenze del territorio e garantire la compatibilità ambientale dell’attività stessa in tutte le sue fasi.
Fassa Bortolo è stato selezionato come uno degli esempi di buona pratica di gestione dell’attività estrattiva, dal momento cui in tutti i suoi siti estrattivi realizza le attività necessarie per ottenere il miglior recupero ambientale, studiandole sin dalla fase di progettazione delle cave stesse.
Tra gli esempi di buone pratiche di gestione dell’attività estrattiva e recupero contestuale delle aree citati da Legambiente, appare l’ex cava “Gessi” di Moncalvo (AT), acquisita nel 2000 da Fassa Bortolo.
La cava, precedentemente a cielo aperto e già sfruttata da altre coltivazioni, è stata oggetto di un importante recupero ambientale. Ad oggi, infatti, l’area appare completamente ridisegnata e mostra una morfologia dolce con una copertura erbacea diffusa ed uniforme su tutta la superficie. A contribuire al processo di recupero vegetazionale, è stata la piantumazione nel 2016 di piante arboree ed arbustive, che hanno reso la vegetazione simile a quella delle colline circostanti.
Il ciclo della calce è fondamentale per le numerose applicazioni di questo materiale e ci consente di convertire il calcare, risorsa base estratta dalle cave, in una famiglia di prodotti eterogenei che includono la calce viva, la calce idrata e la sospensione di acqua e calce (latte di calce).
Da uno studio commissionato al Politecnico di Milano dall’Associazione Europea della Calce, di cui Fassa è membro attivo, è emerso che circa il 33% della CO2 emessa durante la produzione della calce viene catturata tramite carbonatazione durante le varie applicazioni; con l’uso di particolari tecniche, questa percentuale potrebbe raggiungere il 40%.
In linea con la green vision aziendale, anche per la calce è stato realizzato uno studio LCA (Life Cycle Assessment) che ha permesso di studiare in modo oggettivo il ciclo di vita dei prodotti, che va dalla fase di produzione delle materie prime, fino all’arrivo al cliente.